Essere me stesso
Io me ne frego della musica. Mi accontento di essere uomo…
E se saprò essere e rimanere me stesso brillerò sempre, anche se immerso in quella moltitudine di musicisti irrisolti che oggi ingorga il pianeta inquinandolo.
Io me ne frego della musica. Mi accontento di essere uomo…
E se saprò essere e rimanere me stesso brillerò sempre, anche se immerso in quella moltitudine di musicisti irrisolti che oggi ingorga il pianeta inquinandolo.
Lasciati galleggiare sul fiume della vita, sicuro, fiducioso, rilassato, ma sempre attento e pronto all’azione come una tigre sul sentiero di caccia.
La musica è un ponte che collega l’essere umano sul palcoscenico al pubblico che lo ascolta. Le sue emozioni sono come delle frecce che colpiscono il bersaglio solo quando l’arciere sul palco ha una storia da raccontare.
Il suo vissuto avventuroso e le sue intenzioni impeccabili trasmettono al suo arco una potenza che infonde vitalità all’unica musica che merita di essere sul palco: quella della nuova era che sta per sorgere all’orizzonte.
Senza questo elisir la freccia non ha punta e la musica diventa l’ennesima sfilata di moda per un gregge di scimuniti alla ricerca del nulla.
L’ossessione per il professionismo esasperato ed il tecnicismo dei giovani musicisti di oggi nasconde l’insicurezza che caratterizza le nuove generazioni alla ricerca dell’identità perduta...
Frank Zappa diceva spesso che i chitarristi attuali gli sembravano più che degli artisti degli atleti olimpionici ossessionati dalla velocità e dalla tecnica, la quale per prima cosa è una chimera: all’improvviso i cosiddetti virtuosi dello strumento si vedranno spuntare dal nulla un «Pinco Pallo» che avrà molta più tecnica di loro. Questo denota l’incapacità di molti giovani artisti di mettere a fuoco il punto fondamentale della questione: la sincerità.
Quando Gershwin chiese a Ravel se potesse diventare suo allievo di composizione, Ravel gli rispose: «Perché vuoi diventare un piccolo Ravel quando potresti diventare te stesso?». Questa è la Formula Magica per gli artisti in cerca d’autore: accettarci così come siamo con difetti e virtù, ed intuire che la freccia colpisce il bersaglio quando un essere umano riesce a trasmettere le sue emozioni e aprire il suo cuore con schiettezza e semplicità, come un buon vinello schietto svela la profondità dell’animo umano.
Difenderemo la musica ed il cibo come i fedeli samurai difendevano il loro shogun.
È inutile cercare di redimere il «musicista scimunito» ormai annebbiato dalla sindrome del «cane che si morde la coda».
La sua sfibrante caccia alle marchette musicali senza né arte né parte gli impedisce di visualizzare la sua nobile e preziosa identità e lo trasforma in un mediocre subalterno di un sistema che lentamente ma inesorabilmente sta per crollare.
È più saggio individuare gli uomini «differenziati e incondizionati» con cui condividere la medesima visione e un linguaggio in comune con cui fare cordata. Se poi qualcuno di loro possedesse anche un potere decisionale nella società le carte allora sarebbero in nostro favore.
Questa mia non è una critica a chi cerca di barcamenarsi nel complicato sistema attuale, che per l’individuo attento e sensibile è irto di tranelli. Noi tutti dobbiamo sbarcare il lunario, ma se dobbiamo fare marchette cerchiamo almeno di non essere recidivi e aguzzare l’ingegno.
Non spetta a me criticare o giudicare nessuno. Constato solo che nel panorama musicale di oggi raramente si trovano sui palcoscenici degli esseri umani attenti dotati di una vista acuta.
Ho dedicato la mia vita all’arte e alla musica, ma me ne frego della musica in quanto «estetica», bella, brutta o tecnica che sia.
Mi concentro invece sull’uomo che sale sul palcoscenico, e se quello che dice attraverso la musica trasmette benessere e saggezza a chi ascolta. È come chi osserva il Rolex e l’automobile di qualcuno ma si dimentica di osservare e penetrare nell’animo dell’essere umano che ha davanti.
«La musica è finita, gli amici sé ne vanno, che inutile serata, amore mio». Eh sì, è proprio come dice questa canzone degli anni ’70…
Il cambio epocale che stiamo vivendo non richiede più «musicisti» sul palco, ma filosofi dallo sguardo d’aquila. Se per caso costoro fossero anche musicisti, ci porterebbero verso la vittoria sulle ali del vento.
La grande rivolta degli umani inizierà soltanto quando «la grande sinistra» e «la grande destra» si uniranno compatti per radere al suolo il castello di Dracula (così mi piace definire Wall Street, il covo delle sanguisughe dell’umanità).
Quando la grande sinistra di Enrico Mattei, di Pasolini e di Berlinguer si unirà alla grande destra di Ezra Pound, di Julius Evola, di René Guénon e di Ernst Jünger, che mi piace definire la destra dei più potenti e spietati nemici dell’usura bancaria e dei creatori del denaro dal nulla (Federal Reserve).
Allora i vampiri moderni, gonfi del sangue degli umani, non avranno più via di scampo.
Emigrai in Canada nel 1976 e credo di saper apprezzare «l’emigrato autentico». Ma gli emigranti di oggi sono tutta un’altra storia…
Non c’è ombra di compassione né alcuna intenzione di soccorrere i disastrati negli sbarchi degli ultimi anni. Vi sono solo tre obiettivi nel truce «grande reset» del vampiro Schwab, capoccione dell’occidente atlantista:
La mente che progetta gli sbarchi è la stessa che fagocita immensi profitti con il traffico di armi: una lobby spietata che auspica solo la parziale distruzione di un’umanità che dovrebbe, secondo essa, trasformarsi un gregge di pecore masochiste.
Il mestiere è la cosa più bella che esista al mondo, poiché implica la passione.
Il lavoro è la cosa più brutta che esista al mondo, quando non vi è passione ma solo servilismo.
È proprio qui che si distingue l’uomo vero dallo schiavo. Io non sputo sul denaro, ma mi piace essere il signore del denaro e non il suo servo. Quando il denaro lede la mia visione etica, io rinuncio al denaro.
Vissi d’arte, vissi d’amore...sì, fu proprio così. Dedicai tutta la vita alla musica e all’arte, valicai i monti e oceani, emigrai in paesi lontani. Mi battei contro l’establishment e lo status-quo. Ma commisi un grave errore: mi addentrai sul campo di battaglia da solo, senza validi alleati, senza compagni di cordata.
Oggi il mio primo pensiero è individuare degli amici fedeli, dei validi alleati con cui condividere la stessa visione.